La Corte costituzionale ribadisce la piena vincolatività dei limiti posti dal legislatore statale alla spesa sanitaria delle Regioni (sentenza della Corte costituzionale n. 197/2024)

27/01/2025

Con la sentenza 13 dicembre 2024, n. 197, la Corte costituzionale ha richiamato le Regioni all’osservanza dei limiti di spesa imposti ad esse dalla legislazione statale nel settore dell’assistenza sanitaria.

Le previsioni più significative oggetto della pronuncia, contenute nella legge regionale siciliana n. 3/2024 (Disposizioni varie e finanziarie), erano l’incremento degli esborsi da parte del SSR per i trattamenti di dialisi o riabilitazione erogati da strutture private accreditate (articolo 49, commi 1 e 2) e la proroga al 2026 del termine per il recupero, mediante conguaglio, delle anticipazioni di cassa corrisposte dalla Regione alle predette aziende durante la pandemia (articolo 71, comma 1).

Con riferimento alla prima questione i Giudici richiamano l’articolo 2, comma 80 della legge 23 dicembre 2009, n. 191, a norma del quale le Regioni soggette ad un piano di rientro per deficit eccessivo, come appunto la Sicilia, non possono erogare livelli di assistenza più elevati dei LEA. Esse, inoltre, sul piano interno sono tenute ad abrogare tutti gli atti, anche normativi, che ostacolino l’attuazione del piano, né, ovviamente, possono adottarne di nuovi che abbiano il medesimo effetto. Ne deriva una chiara compressione dell’autonomia deliberativa di Giunte e Consigli, la quale, tuttavia, per consolidata giurisprudenza costituzionale è da ritenersi legittima ogni qual volta risulti funzionale al raggiungimento degli obiettivi di «contenimento della spesa» posti dal legislatore statale (così, tra le altre, la sentenza 14 giugno 2007, n. 193, § 5, III cpv., del Considerato in diritto).

Quanto, invece, alla restituzione delle anticipazioni di cassa, si rileva che l’articolo 4, commi 5-bis e 5-ter, del decreto-legge 19 Maggio 2020, n. 34, aveva autorizzato Regioni e Province autonome a sostenere le strutture sanitarie private con un «contributo una tantum», espressamente «legato all’emergenza [allora] in corso» e, per di più, sotto molteplici condizioni (es. sospensione delle attività ordinarie). Sicché, una volta cessata la crisi «l’osservanza del tetto di spesa sanitaria» per le cd. «prestazioni extrabudget» recupera la propria natura di «vincolo ineludibile», teso a garantire la «razionalizzazione della spesa pubblica» e, in definitiva, l’«equilibrio finanziario» degli enti territoriali (Corte cost., sentenza 20 aprile 2023, n. 76/2023, § 6.1.2 cons. dir., richiamata in motivazione; nello stesso senso anche Cass. civ., ordinanza 5 aprile 2024, n. 9100, e Cons. Stato, sentenze 13 settembre 2021, n. 6264, e 18 aprile 2023, n. 3876).

Del resto, a partire già dalla sentenza n. 278/2014 la giurisprudenza costituzionale è sempre stata ferma nel ribadire che la vincolatività delle norme statali che impongano limiti alla spesa sanitaria delle Regioni trova solido fondamento nell’articolo 117, comma 3 della Costituzione, dovendosi ricondurre non solo al «coordinamento della finanza pubblica», bensì anche alla «tutela della salute». La legge regionale che violi tali paletti è, dunque, affetta da incostituzionalità, secondo lo schema dell’interposizione normativa.

Anche nel caso di specie la Corte conclude, quindi, per l’annullamento delle disposizioni impugnate. Restano, invece, assorbite, senza valutazione nel merito, le ulteriori censure sollevate dal ricorrente con riguardo per il principio di copertura delle leggi di spesa (articolo 81 Cost.).

 

Ignazio Spadaro

CONDIVIDI ARTICOLO

Commenti