Rubriche

I Brevi di Finpa

La nuova governance finanziaria europea per la transizione ecologica

finanza pubblica sostenibile,governance finanziaria europea,Transizione ecologica

La nuova governance finanziaria europea per la transizione ecologica

Abstract: La transizione ecologica costituisce il perno della nuova governance finanziaria europea delineata dai piani NextGenerationEU e REPowerEU. Attraverso vincoli di spesa e obiettivi comuni, l’Unione Europea orienta la finanza pubblica nazionale verso investimenti verdi, facendo della sostenibilità un obiettivo permanente delle politiche economiche. La co-governance tra UE e Stati membri consolida così un modello di “finanza pubblica verde” a sostegno della resilienza e della decarbonizzazione.

Luna Aristei

La gestione finanziaria nell’attuale contesto di crisi.

L’Unione Europea ha progressivamente assunto un ruolo inedito nella regolazione economica e finanziaria degli Stati membri, soprattutto a seguito delle diverse crisi che hanno caratterizzato gli ultimi anni, come la pandemia da Covid-19, la crisi energetica dovuta alla guerra in Ucraina e l’emergenza climatica. Di fronte a tali crisi, la finanza pubblica europea e nazionale si è trovata a dover rispondere non solo con strumenti di stabilizzazione economica, ma anche con politiche strutturali di lungo periodo. In questo contesto, piani come NextGenerationEU (NGEU) e REPowerEU segnano una discontinuità storica, non solo per l’entità delle risorse mobilitate ma anche per la natura dell’intervento, introducendo una forma di governance finanziaria europea che interviene direttamente nella pianificazione economica degli Stati membri, orientandola verso la transizione ecologica e digitale.

Tale transizione ecologica richiede un enorme sforzo di investimento, pubblico e privato. Per perseguire tale blending finanziario l’Unione Europea ha scelto di assumere un ruolo proattivo, accentrando risorse, definendo obiettivi comuni e distribuendo fondi in base a progetti e riforme. Ne è derivata una forma di “finanza pubblica europea” che, pur mantenendo l’attuazione di piani e misure in capo agli Stati, ne condiziona profondamente le scelte e le priorità.

 

Il rapporto UE-Stati membri nella transizione ecologica. Verso una co-governance finanziaria?

Il NextGenerationEU, approvato con il regolamento 2020/2094/UE, è stato concepito come un piano straordinario di ripresa post-pandemia, basato su un meccanismo senza precedenti: l’emissione di titoli di debito per finanziare investimenti e riforme negli Stati membri[1]. Il cuore operativo del programma è rappresentato dal Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza (RRF), disciplinato dal regolamento 2021/241/UE, che prevede la possibilità per ciascun Paese di presentare un Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) da negoziare con la Commissione Europea e articolato su obiettivi e milestone[2].

L’aspetto più innovativo risiede tuttavia nella natura vincolante delle sue finalità, dovendo ogni Stato membro destinare almeno il 37% delle risorse alla transizione climatica e il 20% alla digitalizzazione, con il risultato che più della metà delle risorse complessive è rigidamente orientata. La Commissione non si limita dunque a finanziare, ma indirizza la spesa pubblica nazionale, definendo un quadro di policy sovranazionale che si impone come cornice per le politiche di bilancio.

Due anni più tardi, il piano REPowerEU ha aggiunto una nuova dimensione a questo modello. Nato come risposta alla crisi energetica innescata dal conflitto russo-ucraino, il piano si pone l’obiettivo di ridurre la dipendenza dell’Europa dai combustibili fossili russi e di accelerare la transizione energetica, innestandosi nei PNRR esistenti con l’aggiunta di un capitolo dedicato alla sicurezza e all’indipendenza energetica. In tal modo, il dispositivo della RRF viene ampliato e adattato a un nuovo orizzonte strategico, ancora una volta con il duplice obiettivo di fronteggiare l’emergenza e, contemporaneamente, consolidare un percorso di sostenibilità di lungo periodo[3].

L’impatto di questi strumenti sulla finanza pubblica è molteplice. Da un lato, essi rappresentano una straordinaria opportunità di investimento, potendo gli Stati membri finanziare progetti di ampia portata senza aggravare il debito nazionale; dall’altro lato, l’accesso a tali risorse comporta un elevato grado di condizionalità, che di fatto trasforma il rapporto Stato-Unione Europea nella gestione della spesa pubblica. La finanza statale si trova infatti incardinata in una logica di performance e di risultato, essendo erogati i fondi solo al raggiungimento di obiettivi verificabili, con controlli periodici e un’articolata rete di rendicontazione. Si tratta di un modello in cui il potere di indirizzo finanziario non è più esclusivamente statale, ma condiviso — o meglio, “indirizzato” — dall’alto.

Questa dinamica solleva interrogativi sulla sovranità fiscale e sulla capacità di adattare gli strumenti europei alle specificità nazionali, variando le priorità ambientali e industriali da Paese a Paese. In Italia, ad esempio, il PNRR destina circa il 40% delle risorse alla transizione verde[4], ma presenta criticità legate alla frammentazione amministrativa, alla mancanza di una visione integrata e alla scarsità di strumenti di finanza sostenibile strutturale, avendo l’urgenza di rispettare le scadenze europee spesso portato a logiche di spesa rapida e non di pianificazione strategica di lungo periodo.

Ciononostante, l’effetto sistemico dei piani NGEU e REPowerEU è indubbio, avendo essi introdotto nella finanza pubblica europea un principio di coordinamento verticale che unisce obiettivi climatici, sostenibilità economica e coesione sociale. In questo senso, la transizione ecologica diventa una condizione strutturale dell’azione finanziaria pubblica, divenendo la sostenibilità un criterio di valutazione della qualità della spesa, con conseguenze durature sul modo in cui gli Stati concepiscono la programmazione di bilancio.

Sul punto, si può osservare come questa evoluzione produca un modello ibrido di regolazione né interamente topdown né propriamente bottomup, definendo i piani europei obiettivi uniformi “dall’alto” consentendo un adattamento nazionale nella definizione delle riforme e dei progetti. La negoziazione dei PNRR con la Commissione europea diventa così un momento di co-governance finanziaria, in cui l’UE esercita un controllo preventivo e successivo, non potendo essere frammentata la transizione ecologica in politiche esclusivamente nazionali, pur mantenendo gli Stati margini di attuazione[5].

 

Riflessioni conclusive.

Alla luce di queste considerazioni, l’impatto dei piani NGEU e REPowerEU sulla finanza pubblica può essere letto in chiave duplice: come acceleratore di sostenibilità e, insieme, come fattore di trasformazione della sovranità economica. L’Unione Europea non si limita più a dettare regole di disciplina di bilancio, ma diventa protagonista dell’allocazione delle risorse, collegando la politica fiscale alla strategia climatica e industriale comune. Lo Stato, di conseguenza, non è più soltanto gestore di fondi, ma attuatore di un progetto europeo che richiede capacità di anticipazione, resilienza e coordinamento multilivello.

Se da un lato ciò comporta un rischio di riduzione dell’autonomia decisionale nazionale, dall’altro offre l’occasione di modernizzare l’amministrazione pubblica e di rafforzare la coerenza delle politiche di investimento relative anche alla sostenibilità. La transizione ecologica, infatti, non può essere perseguita con strumenti puramente nazionali, richiedendo un coordinamento normativo e una visione comune di lungo periodo, rappresentando piani come NGEU e REPowerEU un “laboratorio di finanza pubblica verde europea”, capace di combinare intervento economico e regolazione sostenibile.

L’effettiva riuscita di tale modello dipenderà dalla capacità degli Stati di integrare le risorse europee nelle proprie strategie di bilancio e di garantirne un uso efficiente, evitando che la logica emergenziale prevalga su quella trasformativa. In ogni caso, oramai la transizione ecologica è divenuta un principio ordinatore della finanza pubblica, e l’Unione Europea, con i suoi strumenti di intervento diretto, si configura sempre più come un soggetto di governo economico a pieno titolo.

 

36. Aristei_transizione ecologica

 

[1] Su NGEU, cfr. F.G. Angelini, L’impiego delle risorse del Recovery Fund tra conformità all’ordine giuridico-economico europeo e funzione discorsivo-razionale del diritto pubblico, in PA Persona e Amministrazione, n. 2/2020, pp. 219-236; F. Fabbrini, Next Generation EU. Il futuro di Europa e Italia dopo la pandemia, Bologna, il Mulino 2022.

[2] M. Clarich, Il Piano nazionale di ripresa e resilienza tra diritto europeo e nazionale: un tentativo di inquadramento giuridico, in Corr. giur., 2021.

[3] A. Sandulli, La crisi energetica tra coordinamento europeo e interesse nazionale, in Munus, 3/2022.

[4] M. Clarich, Il PNRR tra diritto europeo e nazionale: un tentativo di inquadramento giuridico, in Astrid rassegna, 12/2021.

[5] L. Aristei, La regolazione pubblica per il contrasto ai cambiamenti climatici. Stato, mercato, finanza, Milano, FrancoAngeli, 2025.