● organizzazione amministrativa,sanzioni amministrative,transizione digitala
La finanza pubblica della transizione digitale
Abstract: Nel contesto delle politiche europee di transizione digitale emerge la necessità che gli apparati amministrativi nazionali siano efficacemente strutturati per riuscire a svolgere adeguatamente le nuove attribuzioni, così generando un rischio di inadeguatezza delle risorse e, così, sull’impatto sulla risposta regolatoria (inefficace e, comunque, tardiva). Si vuole osservare la risposta del legislatore nazionale, alla ricerca del reperimento di maggiori risorse finanziarie che gli stringenti vincoli di pareggio di bilancio non rendono sempre possibile o, quantomeno, non in maniera adeguata: si è diffusa una tecnica di ‘autofinanziamento’ per mezzo della quale l’attività amministrativa viene finanziata – in parte – mediante i proventi delle sanzioni pecuniarie irrogate, non senza criticità.
Agostino Sola
Il binomio finanza pubblica-transizione digitale e l’adeguatezza delle risorse.
Le politiche della transizione digitale, per loro natura trasversali, stanno producendo effetti considerevoli sull’attività e sull’organizzazione amministrativa. Si pensi, ad esempio, alla nascita di nuove autorità amministrative, come nel caso dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale; alla necessità di riorganizzazione interna delle singole pubbliche amministrazioni, come nel caso delle figure inedite quali il responsabile per la transizione digitale o il referente per la cybersicurezza; ovvero, in termini più generali, all’attribuzione di nuovi poteri amministrativi.
Tale evoluzione dell’attività e dell’organizzazione amministrativa necessita di risorse finanziarie adeguate al fine di assicurare le risorse necessarie al raggiungimento degli obiettivi della transizione digitale. Al tema dell’adeguatezza delle risorse economiche ai fini dell’attuazione delle politiche digitali si sta riconoscendo ampia attenzione, anche con riferimento al ruolo della Commissione[1].
Nel contesto delle politiche della transizione digitale si vogliono ora osservare le misure finanziarie adottate del legislatore nella determinazione delle linee di riforma legate al sostegno dell’innovazione e della competitività e, così, all’adeguamento dell’attività e dell’organizzazione amministrativa.
Analisi di alcune ipotesi di finanziamento della transizione digitale
L’ipotesi che presenta minor complessità è lo stanziamento di appositi finanziamenti derivanti dalla riallocazione delle risorse preesistenti ovvero mediante la previsione di nuove entrate, come nel caso dell’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale (ACN), istituita con il decreto-legge 14 giugno 2021, n. 82, per la quale si è prevista l’istituzione un apposito capitolo nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze. A questa si affianca quella della previsione di un contributo di importo variabile ai soggetti cui la disciplina si applica, come nel caso dei prestatori dei servizi intermediari stabiliti in Italia cui si applica il Regolamento UE 2022/2065 – Digital Services Act (DSA). In tale ipotesi, infatti, il d.l. n. 123/2023, infatti, dispone un incremento della dotazione di risorse umane e finanziarie dell’AGCOM finanziata dal prelievo di tale contributo.
L’ipotesi più ricorrente è, tuttavia, quella dell’invarianza finanziaria: laddove, infatti, non sia possibile lo stanziamento di appositi finanziamenti, ovvero non lo si reputi necessario in ragione della natura dell’intervento richiesto alle pubbliche amministrazioni, il legislatore dispone la neutralità finanziaria dell’intervento, così costringendo le amministrazioni a riadattare i proprio bilanci in ragione delle nuove attribuzioni, dovendovi provvedere con le risorse umane, strumentali e finanziarie già previste a legislazione vigente. È il caso, ad esempio, dell’istituzione del Centro nazionale di crittografia, chiamato a svolgere attività di ricerca e sviluppo tecnologico in supporto all’ Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale (ACN), senza ulteriori costi per la finanza pubblica. Ovvero, ancora, dell’implementazione delle attribuzioni dell’AGCM in attuazione del Digital Markets Act (DMA) nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie già disponibili a legislazione vigente.
Alcune ipotesi di finanziamento mediante i proventi delle sanzioni irrogate.
Con riferimento alla transizione digitale, si deve segnalare tuttavia una peculiare modalità di approvvigionamento finanziario derivante dai proventi dalle sanzioni pecuniarie irrogate.
Tale modalità di approvvigionamento finanziario consente, infatti, di far fronte all’ampliamento delle attribuzioni delle amministrazioni pubbliche mediante un loro ‘autofinanziamento’. Ipotesi di questo tipo si riscontrano, ad esempio, in tema di cybersicurezza dove i proventi delle sanzioni irrogate dall’Agenzia per la cybersicurezza nazionale costituiscono una entrata tipizzata destinata a confluire nel capitolo istituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, secondo quanto previsto dal d.l. n. 82/2021, artt. 11, comma 2, e 18.
Analogamente, anche per l’AgID il sistema di finanziamento è basato sull’istituzione di uno stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, di cui i proventi delle sanzioni comminate irrogate costituiscono una entrata tipizzata. È l’ipotesi, ad esempio, di quanto previsto dal decreto legislativo 7 ottobre 2024, n. 144 con cui viene data attuazione al Regolamento UE 2022/868 (cd. Data Governance Act). Per il perseguimento delle finalità indicate dal Regolamento e dalla norma di recepimento, l’Agenzia per l’Italia digitale (AgID) viene dotata di specifici poteri, in linea di continuità con le funzioni già svolte, ma senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, così gravando l’AgID dell’attuazione delle nuove disposizioni nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. A parziale temperamento di tale clausola di invarianza finanziaria, il d.lgs. n. 144/2024, tuttavia, destina tutti i proventi delle sanzioni per il 50% all’AgID e, per la restante parte, al Fondo per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione.
Le criticità di una transizione digitale ‘a costo zero’.
Il rischio della transizione digitale ‘a costo zero’ è l’inadeguatezza delle misure adottate che, senza una idonea dotazione finanziaria, non riescono a raggiungere gli obiettivi prefissati. Un simile contesto, appare evidente, non è sostenibile nel lungo periodo e, soprattutto, rischia di produrre effetti negativi anche sulla stessa competitività dell’Unione europea.
Gli esempi offerti danno evidenza di come la transizione digitale – nonostante richieda notevoli sforzi economici – finisca per trovare in sé stessa le risorse necessarie, non senza possibili criticità. Le politiche di transizione digitale, infatti, si devono sviluppare su un arco temporale di ampio respiro: la previsione di un loro finanziamento ancorato all’attività sanzionatoria potrebbe non offrire garanzie di certezza nell’an e nel quantum. Nei primi anni di attuazione delle discipline, ad esempio, i proventi delle sanzioni potrebbero risultare minimi, se non irrilevanti, perché gli operatori economici potrebbero necessitare di tempo per comprendere il quadro regolatorio nel quale muoversi. Così come le stesse autorità si potrebbero trovare in un’iniziale difficoltà interpretativa delle norme e, quindi, diminuire l’attività sanzionatoria o, al contrario, aumentarla, pur con il rischio di contenzioso sull’applicazione delle medesime.
Peraltro, alla luce del contesto europeo di riferimento da cui promanano le nuove attribuzioni amministrative, si dubita della compatibilità di tali politiche di transizione digitale a finanza invariata, pur dettate dai vincoli di bilancio derivanti dallo stesso livello sovranazionale. Prendiamo l’esempio del Regolamento UE 2022/868 (cd. Data Governance Act): l’indicazione normativa è quella di fornire agli organismi nazionali competenti “risorse giuridiche, finanziarie, tecniche e umane adeguate per svolgere i compiti loro affidati, comprese le conoscenze tecniche necessarie” (articolo 7). Analoghe indicazioni sono contenute anche negli altri plessi normativi fondanti la transizione digitale europea. È chiaro che si tratta di clausole generali volte a garantire l’effettivo recepimento delle disposizioni europee che, diversamente, rimarrebbero attuate ‘sulla carta’. Non garantire l’effettiva attuazione delle disposizioni europee per l’insufficiente provvista finanziaria potrebbe incidere sul recepimento e sulla conformità delle misure nazionali che attuano la normativa dell’UE, così aprendo a possibili procedure di infrazione, ipotesi invero mai riscontrata.
Una possibile indicazione per garantire la corretta applicazione delle norme europee, anche mediante “risorse giuridiche, finanziarie, tecniche e umane adeguate” è data dal sistema di monitoraggio del “Programma strategico per il decennio digitale 2030”, nel quale la valutazione di adeguatezza delle misure attuative a livello nazionale eseguita dalla Commissione comprende espressamente anche le risorse finanziarie messe a disposizione dagli Stati membri. Si tratta di un’ipotesi del tutto peculiare che testimonia come vi sia una precisa volontà europea al controllo dell’efficacia e dell’effettività delle politiche nazionali sulla transizione digitale. Ma sul punto, oltre a rilevare l’inadeguatezza delle risorse stanziate – come indicato per l’Italia nel Digital Decade 2024 country report – la Commissione non si spinge oltre, così ripresentandosi il problema prospettato.
[1] In particolare, la Commissione europea potrebbe avere risorse, non soltanto economiche, insufficienti per garantire una corretta e tempestiva attuazione del Regolamento UE 2022/1925 – Digital Markets Act (DMA), come si è osservato in J. Cremer et al., Enforcing the Digital Markets Act: Institutional Choices, Compliance, and Antitrust, in Policy Discussion Paper, 7, 1 December 2022, disponibile in https://ssrn.com/abstract=4314848.
37. A. Sola – transizione digitale
