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La finanza nelle smart cities: prospettive giuridiche e modelli regolatori

Edilizia e urbanistica,enti locali,smart cities

La finanza nelle smart cities: prospettive giuridiche e modelli regolatori

Abstract: La trasformazione delle città in ambienti intelligenti rappresenta una delle principali sfide del nostro tempo che non può prescindere da un adeguato supporto finanziario: le smart cities, infatti, richiedono investimenti importanti che si scontrano spesso con la finanza pubblica locale, vincolata da regole stringenti e da risorse spesso limitate.

In questo contesto diventa fondamentale interrogarsi sui modelli giuridico-finanziari più efficaci per sostenere lo sviluppo urbano intelligente. Il presente contributo si propone di analizzare il tema della finanza nelle smart cities prendendo in esame il quadro normativo attualmente vigente, le principali forme di finanziamento adottate e le criticità che si incontrano nella loro implementazione. L’obiettivo è fornire una riflessione per la progettazione e realizzazione di città sempre più connesse, efficienti e inclusive.

Pierluigi Mascaro

La questione. Il concetto di smart city si riferisce a un modello urbano che fa ampio uso di tecnologie digitali e soluzioni innovative per rispondere ai bisogni dei cittadini, ridurre l’impatto ambientale, migliorare la mobilità, l’efficienza energetica e la sicurezza. Ma se da un lato il progresso tecnologico rende sempre più accessibili tali soluzioni, dall’altro lato la loro realizzazione richiede un impegno finanziario significativo, sia per quanto riguarda gli investimenti iniziali sia per la gestione nel lungo periodo.

Le amministrazioni locali si trovano spesso in difficoltà a causa della limitata autonomia finanziaria dovuta alle regole di contenimento della spesa pubblica. Il problema centrale, quindi, riguarda proprio la sostenibilità economico-finanziaria di questi progetti, che spesso superano le capacità operative e di spesa degli enti locali. Sorge così una doppia domanda: da un lato, quali strumenti esistono per finanziare le città intelligenti? Dall’altro, il quadro normativo attuale è adeguato a sostenere questa transizione?

Per rispondere, è necessario considerare non solo le fonti di finanziamento ma anche le regole giuridiche che ne disciplinano l’utilizzo, le responsabilità degli attori coinvolti e i meccanismi di controllo e trasparenza.

Il contesto normativo. Il contesto normativo entro cui si inserisce il tema della finanza delle smart cities è articolato e multilivello, coinvolgendo normative europee, statali, regionali e locali.

A livello europeo si èa promosso con decisione lo sviluppo di città intelligenti attraverso programmi di finanziamento e strategie politiche. Tra i principali strumenti si ricordano i programmi Horizon, rivolti alla ricerca e all’innovazione, il Connecting Europe Facility, destinato a sostenere le infrastrutture digitali, energetiche e dei trasporti, e, in tempi più recenti, il dispositivo per la ripresa e la resilienza (RRF), cuore del piano Next Generation EU. In particolare, quest’ultimo ha avuto un impatto significativo in Italia tramite il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), il quale prevede investimenti cospicui per la digitalizzazione della pubblica amministrazione, la transizione ecologica e l’innovazione sociale.

Parallelamente, anche il quadro normativo nazionale si è evoluto. In Italia, la disciplina più rilevante per comprendere i meccanismi di finanziamento pubblico-privato è contenuta nel Codice dei Contratti Pubblici, recentemente riformato con il Decreto Legislativo n. 36 del 2023. Questo testo normativo disciplina le procedure per l’affidamento di concessioni e partenariati pubblico-privati (PPP), strumenti che possono essere decisivi per lo sviluppo delle smart cities. Inoltre, varie leggi di bilancio e decreti attuativi hanno introdotto misure e incentivi specifici per sostenere la digitalizzazione degli enti locali e la modernizzazione dei servizi urbani.[1]

Anche l’Agenzia per l’Italia Digitale (AGID) ha avuto un ruolo importante, dettando linee guida per l’interoperabilità dei dati, la sicurezza informatica e la progettazione dei servizi digitali.[2] Accanto alla normativa statale, alcune regioni e città metropolitane hanno sviluppato strategie proprie per la smart governance, talvolta accompagnate da regolamenti comunali e piani urbani integrati.[3]

L’analisi degli strumenti finanziari applicabili. Le modalità tradizionali di finanziamento – come le entrate tributarie locali, i trasferimenti statali e regionali, nonché i mutui – continuano a rappresentare una parte importante della finanza urbana. Tuttavia, queste fonti risultano spesso inadeguate rispetto agli obiettivi ambiziosi delle smart cities, sia per la loro rigidità che per la limitata capacità di coprire investimenti tecnologici e digitali ad alto impatto.

In questo scenario, stanno assumendo un ruolo sempre più rilevante i partenariati pubblico-privati, che permettono di coinvolgere il settore privato nella progettazione, costruzione e gestione di servizi e infrastrutture intelligenti. Il vantaggio di tali strumenti risiede nella possibilità di condividere i rischi, accedere a know-how specialistici e accelerare i tempi di realizzazione. Tuttavia, la complessità giuridica dei contratti, la necessità di effettuare valutazioni ex ante di convenienza economica (Value for Money) e i potenziali squilibri contrattuali rendono i PPP strumenti delicati da gestire. La loro efficacia dipende in larga misura dalla capacità tecnica e organizzativa delle amministrazioni pubbliche, che non sempre dispongono delle risorse o delle competenze adeguate.

Accanto a questi strumenti, stanno emergendo modelli di finanza innovativa. Si pensi, ad esempio, ai green bond e ai social bond, titoli obbligazionari destinati al finanziamento di progetti con impatto ambientale o sociale positivo. Anche il crowdfunding urbano si sta diffondendo, permettendo il coinvolgimento diretto dei cittadini nel finanziamento di iniziative locali, spesso con valore simbolico e partecipativo. In alcune esperienze europee, si stanno sperimentando forme di impact investing, in cui gli investitori sono remunerati solo se vengono raggiunti determinati obiettivi sociali misurabili.

Tuttavia, l’adozione di questi strumenti richiede una cornice giuridica chiara e garantista, capace di assicurare trasparenza, misurabilità dei risultati e corretto utilizzo delle risorse. In Italia, la normativa su questi temi è ancora in fase di evoluzione, e sono pochi gli enti locali che hanno adottato modelli strutturati di finanza d’impatto o emissione di bond urbani[4].

Un discorso a parte merita il PNRR, che ha rappresentato un’occasione straordinaria per sostenere i progetti smart a livello locale. La Missione 1 del piano ha finanziato progetti di digitalizzazione della pubblica amministrazione, transizione al cloud, cybersicurezza e interoperabilità dei sistemi informatici. Altri interventi hanno riguardato la mobilità sostenibile, l’efficienza energetica e la rigenerazione urbana. Numerosi comuni, anche di piccole dimensioni, hanno potuto accedere a risorse che altrimenti sarebbero state fuori dalla loro portata.

Tuttavia, anche in questo caso sono emerse diverse criticità, legate in particolare alla complessità delle procedure, alla carenza di personale qualificato nelle amministrazioni e ai ritardi nei tempi di attuazione. In molti casi, l’assenza di una visione strategica integrata ha impedito di trasformare questi investimenti in politiche stabili e strutturali.

Conclusione.  Il tema della finanza nelle smart cities si colloca all’intersezione tra innovazione tecnologica, governance urbana e diritto pubblico. La trasformazione digitale delle città non può prescindere da un sistema di finanziamento efficace, sostenibile e giuridicamente solido. Il ricorso a strumenti tradizionali deve essere affiancato da forme innovative di partenariato, da meccanismi di impatto e da una migliore gestione delle risorse europee.

È evidente, tuttavia, che non basta disporre di fondi: è necessario che le amministrazioni siano in grado di pianificare, attuare e monitorare gli interventi in maniera coerente, trasparente e orientata ai risultati. In questa prospettiva, il diritto può e deve svolgere un ruolo abilitante, definendo regole chiare ma anche flessibili, capaci di favorire la sperimentazione senza sacrificare il principio di legalità.

La sfida delle smart cities è quindi anche una sfida per il diritto amministrativo, che deve rinnovarsi per accompagnare i processi di innovazione senza rimanere ancorato a schemi obsoleti. Solo attraverso una visione integrata – che unisca tecnologia, finanza e diritto – sarà possibile costruire città intelligenti che siano davvero al servizio delle persone.

[1] Tra queste si annoverano la legge di bilancio 2020 e collegati (d.l. 34/2020 e 76/2020), la legge di bilancio 2022 (l. n. 234/2021), il Fondo complementare al PNRR e progetto “Polis – Case dei servizi digitali”, il Fondo per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione (legge di bilancio 2021), “PA digitale 2026” – Avvisi e risorse PNRR per i Comuni. A livello di decreti attuativi, troviamo invece l’accordo DTD-UNCEM del maggio 2024 e quello ANCI-DTD del settembre 2024.

[2] In particolare, le linee guida dell’AGID hanno riguardato l’interoperabilità (Modl, pattern operativi che hanno visto primeggiare interazione e sicurezza, API, catalogo, governance, aggiornamenti al 2023. Poi hanno riguardato il pilastro della sicurezza informatica, in particolar modo quella API: canali, autenticazione SOAP, integrità payload. In ultimo, si annoverano design e servizi digitali: design accessibile, kit operativi, Manuale, piano triennale.

[3] Tra queste, troviamo l’Emilia-Romagna e la Città metropolitana di Bologna, la Città metropolitana di Roma Capitale, Milano, Torino, Reggio Emilia, Genova, Bari, Firenze, Modena, Venezia, Bergamo, Brescia, Cagliari, Bolzano, Mantova, Udine, Trento, Bari, Palermo e, tra le piccole e medie città metropolitane innovative, Trento, Cremona, Padova, Monza, Parma, Vicenza, Bergamo e Modena.

[4] Come Torino – “Torino Social Impact” e SIB (tentativo 2017): piattaforma pubblico-privata per l’ecosistema impact; nel 2017 annunciato un Social Impact Bond pilota su recidiva detenuti (pay-for-success); Milano (ATM – Azienda Trasporti Milanesi): framework di finanza verde (obbligazioni/finanziamenti “green”) allineato ai principi ICMA; report di impatto e SPO disponibili. Strumento tipico per “bond urbani” tramite società partecipata; Multiutilities locali (A2A – Milano/Brescia; IREN – Torino/Genova/Reggio Emilia/Parma): emissioni green (anche con nuovo EU Green Bond Standard nel 2025 per A2A) a supporto di reti elettriche, teleriscaldamento e rinnovabili urbane; Programmi regionali a supporto (utile per comuni e filiere locali): es. Basket Bond Emilia-Romagna (minibond con garanzia pubblica) per investimenti sostenibili delle PMI del territorio.

 

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