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Aiuti di stato e fiscalità nel caso Apple (nota a CGUE, 10 settembre 2024, C-465/20 P)
● Aiuti di Stato,Diritto tributario europeo,Ruling fiscali
Aiuti di stato e fiscalità nel caso Apple (nota a CGUE, 10 settembre 2024, C-465/20 P)
Abstract: Si propone un’analisi del caso Apple, deciso dalla Corte di giustizia il 10 settembre 2024. La vicenda, riguardante il rapporto tra aiuti di Stato e accordi fiscali, si inserisce nel processo di integrazione tributaria europea, correlandosi alle tendenze di regolazione fiscale internazionale e all’evoluzione dello stesso ordinamento dell’Ue.
- Premessa
Con sentenza del 10 settembre 2024 (C-465/20 P), la Corte di giustizia ha dichiarato l’illegittimità degli accordi preventivi di predeterminazione della base imponibile di alcune società del gruppo Apple (c.d. ruling), vigenti in Irlanda tra gli anni 1991 e 2007, per contrarietà alla disciplina europea sugli aiuti di Stato (artt. 107 e 108 Tfue).
La decisione ha il pregio di evidenziare la crescente incidenza della disciplina sugli aiuti di Stato e del principio di concorrenza sulle politiche fiscali degli Stati membri, grazie anche alla giurisprudenza unionale sul contrasto ai fenomeni di ripartizione strategica degli utili, realizzati a fini fiscali da società multinazionali (base erosion and profit shifting).
- La decisione di recupero degli aiuti di Stato
2.1. Ripercorrendo per cenni la vertenza, si ricorda che il gruppo Apple aveva devoluto, attraverso una licenza di sfruttamento dei diritti di proprietà intellettuale (PI), la gestione del mercato non statunitense a due società di diritto irlandese, la Apple Sales International Ltd (ASI) e la Apple Operations Europe Ltd(AOE). Dette società, per effetto della specificità della disciplina tributaria dell’Irlanda, risultavano avere la sede legale al di fuori di quello Stato, dove detenevano due succursali a fini operativi.
In questo contesto, l’Irlanda aveva concluso alcuni ruling fiscali con le società ASI e AOE, al fine di predeterminare le basi imponibili delle loro succursali irlandesi. I ruling si basavano però sull’assunto che i diritti di proprietà intellettuale della Apple fossero attribuiti alle sedi legali extraeuropee di ASI e AOE, con la conseguenza che gli utili generati da tali diritti non venivano tassati in Irlanda.
2.2. La Commissione, con decisione (UE) 2017/1283, aveva censurato tali accordi, ritenendo che, in ragione delle funzioni svolte e dei rischi assunti, le reali titolari dei diritti di PI della Apple e dei relativi utili fossero le succursali irlandesi di ASI e AOE, ingiungendo conseguentemente all’Irlanda il recupero della tassazione non corrisposta.
Nello specifico, la Commissione riteneva che l’Irlanda avesse concesso un aiuto di Stato illegittimo ad ASI e AOE, attribuendo loro un vantaggio fiscale selettivo che derogava al “quadro di riferimento nazionale” (l’insieme di regole che generalmente si applicano a imprese poste in condizioni analoghe), rappresentato dall’articolo 25 del Taxes Consolidation Act (TCA) del 1997, secondo cui le società non residenti sono tassate su tutti gli utili prodotti nel territorio dello Stato.
Il ragionamento della Commissione si basava su un’interpretazione dell’art. 25 TCA conforme al principio di concorrenza (arm’s lenght principle), per cui le basi imponibili delle succursali di ASI e AOE, stabilite in Irlanda, avrebbero dovuto corrispondere agli utili riferibili a società con funzioni e rischi analoghi a quelli assunti dalle sussidiarie del gruppo Apple.
I ruling avrebbero invece consentito ad ASI e AOE di beneficiare di una tassazione notevolmente inferiore a quella derivante dal quadro di riferimento, attraverso l’allocazione fittizia di utili effettivamente connessi all’attività commerciale delle sussidiarie irlandesi alle rispettive sedi legali extraeuropee.
- La vicenda processuale
3.1. Nel giudizio di impugnazione, promosso da Irlanda, ASI e AOE, la decisione veniva annullata dal Tribunale dell’Ue (cause riunite T-778/16 e T-892/16).
I giudici infatti, pur registrando l’adesione delle parti a un’interpretazione del quadro di riferimento conforme al principio di concorrenza, ritenevano che la Commissione non avesse fornito la prova diretta della concessione di un vantaggio fiscale selettivo, e quindi di un aiuto di Stato illegittimo, da parte dell’Irlanda ad ASI e AOE.
Per il Tribunale, la Commissione, nel valutare l’imputabilità delle licenze inerenti alle PI del gruppo Apple (e quindi degli utili da esse derivati) alle succursali irlandesi di ASI e AOE, non aveva verificato quali fossero le attività da esse effettivamente esercitate, incentrandosi invece sull’esame delle funzioni svolte dalle relative sedi legali, che erano ritenute non corrispondenti alle attività necessarie a gestire le PI.
La Commissione avrebbe, dunque, attribuito le licenze di proprietà intellettuale alle succursali irlandesi in base ad una logica “per esclusione”, ossia in ragione della loro non imputabilità alle sedi legali extraterritoriali, ma senza verificare il valore delle attività effettivamente svolte dalle succursali.
3.2. La Corte di giustizia, adita in appello dalla Commissione, ha invece dichiarato la legittimità della decisione (UE) 2017/1283.
La Corte ha infatti ritenuto che la Commissione non si fosse limitata a un’analisi delle funzioni svolte e dei rischi assunti dalle sedi legali extraeuropee di ASI e AOE, ma avesse esaminato anche il ruolo e le attività delle succursali irlandesi, ravvisandovi l’esercizio di funzioni e l’assunzione di rischi connessi alla gestione delle licenze di PI.
L’attribuzione delle PI alle stabili organizzazioni irlandesi di ASI e AOE non deriverebbe allora da un ragionamento “per esclusione”, ma dalla disamina delle attività ad esse riferibili.
La Corte Ue riteneva, tra l’altro, che l’autonomia dello Stato irlandese in materia di imposizione diretta non consentisse di violare la disciplina sugli aiuti di Stato e che la decisione della Commissione fosse stata emessa in esito a un’istruttoria proceduralmente corretta.
- Alcune conclusioni
4.1. La pronuncia in commento segna senz’altro una discontinuità con i recenti precedenti giurisprudenziali in materia, che avevano spesso determinato l’annullamento delle decisioni della Commissione di contestazione degli aiuti di Stato illegittimi nei ruling fiscali degli Stati Ue.
In queste vertenze, il leit motiv delle pronunce di annullamento risiedeva nell’insufficiente assolvimento del proprio onere probatorio da parte della Commissione, particolarmente sotto il profilo dell’individuazione del quadro di riferimento, come nei casi Fiat (C-885/19 P e C-898/19 P, 8 novembre 2022), Amazon (C‑457/21 P, 14 dicembre 2023) ed Engie (C‑451/21 P e C‑454/21 P, 5 dicembre 2023); o sul piano del metodo prescelto dai ruling per il calcolo degli utili, come nel caso Starbucks (T‑760/15 e T‑636/16, 24 settembre 2019).
Nel caso Apple, invece, la Corte Ue ha avallato l’operato della Commissione, sia sotto il profilo della definizione del quadro di riferimento alla luce del principio di concorrenza, sia con riferimento alla tecnica di calcolo delle basi imponibili utilizzata.
4.2. Tuttavia, la sentenza Apple non può considerarsi del tutto inedita nel panorama tributario e amministrativo europeo, rientrando piuttosto in un più ampio processo di trasformazione normativa, volto a costruire e proteggere la dimensione finanziaria unionale, anche supplendo alle inerzie dei singoli Stati membri rispetto agli schemi di ottimizzazione tributaria delle imprese multinazionali.
Il ricorso alla disciplina di contrasto agli aiuti di Stato viene infatti ad affiancarsi alle più tradizionali tecniche di armonizzazione tributaria (culminate, da ultimo, nella direttiva 2022/2523 in tema di global minimum tax), dirette ad appianare l’erosione delle basi imponibili determinata dalle condotte di tax planning delle multinazionali.
D’altro canto, il sempre maggiore protagonismo delle istituzioni unionali sul piano della fiscalità lascia intravedere, in prospettiva, spazi per la configurazione di un’autonoma potestà tributaria dell’Ue.
Se il futuro della giurisprudenza in tema di aiuti di Stato fiscali resta incerto, la sentenza in commento ne evidenzia la centralità nell’evoluzione dell’ordinamento europeo, rappresentando un’avanguardia e, al contempo, una fonte propulsiva della trasformazione che interesserà il ruolo dell’Unione europea negli anni a venire.
