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I patti di collaborazione quale sintesi tra finanza pubblica e cittadinanza attiva: l’esempio del co-housing

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I patti di collaborazione quale sintesi tra finanza pubblica e cittadinanza attiva: l’esempio del co-housing

Abstract: Tra gli strumenti di cittadinanza attiva in ambito locale si segnalano i patti di collaborazione, utile strumento per la cura, la rigenerazione e la gestione dei beni comuni urbani e nei quali, come si analizza nel presente contributo, rilevano importanti questioni di finanza pubblica. L’attenzione viene concentrata sulle esperienze virtuose di sintesi tra finanza pubblica e cittadinanza attiva, già registrate in ambito locale.

Agostino Sola

Che cosa sono i patti di collaborazione? I patti di collaborazione rappresentano un modello di amministrazione condivisa quale strumento di natura pattizia, sintesi dell’incontro tra Comuni e cittadini. Si tratta di veri e propri accordi amministrativi attraverso cui uno o più cittadini e un soggetto pubblico definiscono i termini della collaborazione per la cura, la rigenerazione e la gestione dei beni comuni urbani, cui si affiancano azioni immateriali di tipo culturale, educativo e sociale.[1]

Si tratta di una concreta attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale, quale partecipazione dei cittadini nello svolgimento di attività di interesse generale, come previsto dall’articolo 118 Cost. I patti di collaborazione rappresentano così un modello di governance urbana nel quale si tiene conto delle esigenze della democrazia e si aspira alla formazione di cittadini responsabili, attivi e informati per la creazione di una città sostenibile.

Nell’esperienza nazionale italiana, per fornire una disciplina giuridica di base ad ipotesi di collaborazione molto diverse tra loro, i patti di collaborazione sono preceduti dall’adozione di regolamenti comunali che ne delimitano il campo d’applicazione e le modalità di conclusione. Il primo regolamento comunale per l’adozione di patti di collaborazione è stato adottato a Bologna nel febbraio 2014. Da questo hanno poi preso ispirazione i successivi. Attualmente i Comuni dotati di regolamento per l’amministrazione condivisa sono 327: si pensi come nel 2016 i Comuni erano solamente 86.[2] A questo dato si aggiunge la rilevazione dell’esistenza di sei leggi regionali di disciplina generale (Emilia-Romagna; Lazio; Molise; Piemonte; Toscana; Umbria).

 

Il ruolo della finanza pubblica. Si è brevemente indicato come i patti di collaborazione garantiscano una inedita forma di cura condivisa del territorio portata avanti da una precisa comunità di persone. Si tratta, dunque, di una caratterizzazione valoriale che va oltre il mero risparmio di costi da parte delle amministrazioni pubbliche, di fatto “esonerate” dal prendersi cura dei beni comuni urbani. In tal senso, infatti, le amministrazioni locali hanno acquisito consapevolezza della centralità dei patti di collaborazione quale risorsa da valorizzare sul territorio, con evidenti finalità sociali, ambientali e culturali.

A tale consapevolezza seguono precise misure di sostegno economico che interessano le finanze degli enti locali coinvolti: alcuni Comuni, ad esempio, prevedono un capitolo a bilancio dedicato all’amministrazione condivisa.[3] Oltre a fornire utili risorse ed essenziali per il buon esito dell’iniziativa, nel contesto della cura, rigenerazione e gestione dei beni comuni urbani, materiali e immateriali, il supporto economico, anche simbolico, da parte dell’ente locale di riferimento, rappresenta una forma di valorizzazione dell’impegno e di riconoscimento dell’importanza che le attività di cura possono rivestire nell’ambito delle politiche pubbliche.

Da una parte, infatti, la sottoscrizione di un patto di collaborazione può prevedere l’attribuzione da parte dell’amministrazione di vantaggi economici o altre forme di sostegno in favore dei privati proponenti. Tali misure spaziano dal consentire ai soggetti interessati l’utilizzo di beni immobili ovvero dal mettere a disposizione a titolo gratuito di beni strumentali e materiali di consumo nonché la fornitura di specifici servizi; di agevolazioni in materia di canoni; dall’onere a carico dell’amministrazione di spese relative a utenze, alla manutenzione di beni immobili ovvero alle coperture assicurative; alle esenzioni e agevolazioni in materia di tributi. Ad esempio, la Regione Lazio prevede, annualmente, la concessione di contributi per la realizzazione di interventi di amministrazione condivisa di beni comuni ai sensi della legge della Regione Lazio n. 10 del 26 giugno 2019, articolo 9.[4]

Nel Rapporto Labsus 2024, ancora, si individuano quale modalità di contribuzione degli enti la fornitura di materiali, la promozione delle iniziative attraverso i canali comunicativi dell’ente e le coperture assicurative, queste ultime ormai “di prassi” a carico dell’amministrazione.

È bene chiarire che, in termini più generali, anche in assenza di precise indicazioni normative dettate a livello regionale, la possibilità per l’ente locale di concedere incentivi fiscali a fronte di un impegno dei beneficiari in attività di cura o gestione di beni comuni ovvero in opere di interesse generale può comunque trovare una sua adeguata cornice normativa nell’istituto del partenariato sociale di cui all’articolo 201, decreto legislativo n. 36 del 31 marzo 2023.

Qualche esempio nell’evoluzione delle città nelle forme del co-housing.

Pare di interesse offrire una traduzione concreta di quanto indicato a livello normativo. In particolare, si vuole richiamare l’utilizzo dei patti di collaborazione nelle iniziative di co-housing secondo l’esempio fornito dal Comune di Bologna. Con una modifica del Regolamento Urbanistico Edilizio (RUE), il Comune di Bologna, infatti, ha inteso sostenere e sviluppare le forme di co-housing, anche grazie a forme di finanziamento pubblico quali l’esenzione dal pagamento della tassa sui rifiuti (Ta.Ri.).

Perché ricorra tale ipotesi di co-housing è necessario che alcuni degli spazi comuni siano messi a disposizione della comunità territoriale di riferimento per il perseguimento di finalità di interesse generale, anche mediante patti di collaborazione.

Sulla scorta di tale previsione normativa è nato il “Patto dei folli” quale patto di collaborazione tra il Comune di Bologna e la cooperativa “Il giardino dei folli”, che gestisce una comunità di co-housing all’interno di un’area agricola recuperata grazie alla ristrutturazione di un ex vivaio che comprende, ad oggi, 14 appartamenti e 54 residenti.

Attraverso tale patto, i residenti hanno concordato di condividere gli spazi comuni e di occuparsi della cura, della pulizia e della manutenzione degli spazi pubblici adiacenti.

Nello specifico, ad oggetto del patto vi sono un magazzino e una falegnameria. Il magazzino è a disposizione della comunità del Gruppo di Acquisto Solidale (GAS) “Bosco”, la cui attività è volta a promuovere un consumo consapevole, etico e sostenibile attraverso l’acquisto di prodotti naturali e biologici da piccole realtà locali. Nel magazzino, oltre alla conversazione dei prodotti acquistati, si svolgono incontri di formazione e sensibilizzazione.[5] La falegnameria è utilizzata come “laboratorio di conoscenza” per svolgere laboratori di scambio di conoscenze e competenze.

C’è anche un piccolo appartamento per l’alloggio temporaneo di persone in situazioni di fragilità e bisogno, in accordo con i servizi sociali del comune di Bologna.

[1] Nel Rapporto Labsus 2024, p. 25, disponibile in https://www.labsus.org/rapporto-labsus-2024/, sono indicate le aree di intervento principali: beni comuni ambientali e verde urbano (aiuole, giardini e parchi) per il 45,5%; arredo urbano e spazi pubblici (strade, piazza e similari) per il 14,4%; beni culturali; inclusione sociale; scuola e attività educative; animazione del territorio; sport; progettazione di interventi; attività lavorativa. Le percentuali indicate si riferiscono al campione preso a riferimento: su 71 comuni sono stati sono registrati 1.115 patti di collaborazione.

[2] Dati estratti da https://www.labsus.org/i-regolamenti-per-lamministrazione-condivisa-dei-beni-comuni/ (consultato il 23 luglio 2025).

[3] Rapporto Labsus 2024, p. 30, disponibile in https://www.labsus.org/rapporto-labsus-2024/.

[4] Nell’anno 2022 le risorse stanziate sono state pari ad € 400.000,00, come risulta dall’ “Avviso Pubblico per la concessione di contributi per la realizzazione di interventi di amministrazione condivisa dei beni comuni, ai sensi dell’art.9 della L. R. n. 10/2019”, approvato con determinazione dirigenziale n. G05367 del 4 maggio 2022 (pubblicata sul BUR N. 38 del 5 maggio 2022), poi rettificata con determinazione n. G05629 del 9 maggio 2022 (pubblicata sul BUR N. 40 del 10 maggio 2022). Tali documenti sono disponibili in https://www.regione.lazio.it/documenti/77876.

[5] Amplius, in https://www.labsus.org/2022/10/il-patto-dei-folli-quando-il-co-housing-si-apre-al-territorio/.

 

31. Sola-Patti di collaborazione