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I Brevi di Finpa

Il delicato equilibrio tra investimenti e questioni ecologiche e ambientali

Interessi finanziari,investimenti,tutela dell'ambiente

Il delicato equilibrio tra investimenti e questioni ecologiche e ambientali

Abstract: Questo contributo analizza il contesto normativo degli arbitrati sugli investimenti, evidenziando le principali criticità derivanti dall’interazione con le misure di protezione ambientale. Attraverso l’analisi di un caso emblematico, si esaminano le conseguenze giuridiche ed economiche degli arbitrati e le possibili soluzioni per bilanciare la protezione degli investimenti con la tutela ambientale. Il tema trattato ha precipitati di non poco conto sulla finanza pubblica degli Stati, atteso che una regolamentazione ambientale troppo stringente può incidere negativamente sugli strumenti d’investimento, potendo ripercuotersi anche sui bilanci nazionali nelle ipotesi di soccombenza nelle controversie risarcitorie, innescando così dinamiche dissuasive sull’adozione di adeguate politiche ambientali.

 

Pierluigi Mascaro

La questione: disciplina degli investimenti e regolamentazione ambientale

Il diritto internazionale degli investimenti è stato tradizionalmente concepito per garantire la protezione degli investitori stranieri da atti espropriativi o discriminatori degli Stati ospitanti, intesi quali qualsiasi atto con cui si priva, in maniera diretta o indiretta, il titolare del controllo o del valore economico dell’investimento. Negli ultimi anni, tuttavia, l’attenzione si è concentrata sulla possibilità di qualificare alla stregua di tali condotte anche le regolamentazioni ambientali: questa tensione ha dato origine a un numero crescente di controversie, nelle quali gli investitori hanno impugnato regolamenti ambientali ritenuti lesivi dei loro diritti e del principio del trattamento equo ed equitativo (Fair and Equitable Treatment – FET).

Oltre alla disciplina degli investimenti, infatti, il diritto internazionale riconosce il diritto degli Stati di prevedere norme di protezione ambientale: è il caso, ad esempio, della Dichiarazione di Stoccolma (1972), con cui si afferma un principio fondamentale del diritto ambientale internazionale, stabilendo il necessario equilibrio tra la sovranità degli Stati e la responsabilità ambientale globale, ovvero del più recente Accordo di Parigi sul clima (2015), il principale trattato internazionale sul cambiamento climatico, che attualmente conta quasi tutti i Paesi del mondo come firmatari.

Tuttavia, questi principi spesso non sono esplicitamente integrati nei trattati sugli investimenti, il che lascia spazio a interpretazioni contrastanti.

L’arbitrato quale ipotesi di superamento del conflitto tra ambiente ed economia

L’arbitrato sugli investimenti, di pari passo con l’aumento della regolamentazione ambientale, è uno strumento per la risoluzione delle possibili controversie: da un lato, come accennato, gli investitori invocano la protezione offerta dai trattati sugli investimenti (International Investment Agreements – IIAs); dall’altro, gli Stati rivendicano di poter adottare misure necessarie per la tutela dell’ambiente e della salute pubblica.

La possibilità di ricorrere ad un arbitrato sugli investimenti si basa principalmente sulle disposizioni di trattati bilaterali, accordi multilaterali (come il Trattato sulla Carta dell’Energia) ovvero capitoli sugli investimenti all’interno di accordi di libero scambio (come nel caso del Trattato Italia-Cina del 1985, aggiornato nel 2005, per disciplinare la protezione degli investimenti tra i due Paesi o Trattato Francia-Marocco del 1996, che definisce misure per incentivare gli investimenti e proteggere le imprese francesi in Marocco e viceversa). Uno dei meccanismi fondamentali di risoluzione delle stesse è l’ICSID (International Centre for Settlement of Investment Disputes): istituzione appartenente al gruppo della Banca Mondiale, nata nel 1966 con lo scopo di fornire supporto di conciliazione e arbitrato nelle controversie che sorgono in relazione agli investimenti fra Stati e fra cittadini di Stati diversi. L’ICSID esercita la sua funzione attraverso l’applicazione di un codice di regole da parte di un collegio arbitrale costituito, di volta in volta, di membri nominati dalle parti.

L’analisi delle conseguenze del conflitto tra ambiente ed economia

Un caso in particolare ha evidenziato il potenziale conflitto tra protezione degli investimenti e misure ambientali: si tratta del caso Vattenfall v. Germania del 2012, un arbitrato internazionale avviato dalla compagnia energetica svedese Vattenfall contro il governo tedesco ai sensi del Trattato sulla Carta dell’Energia (ECT). Dopo il disastro di Fukushima nel 2011, la Germania decise di accelerare la sua uscita dal nucleare (Atomausstieg), imponendo la chiusura anticipata di diverse centrali nucleari, incluse quelle di proprietà di Vattenfall. La società avviò un arbitrato internazionale presso il richiamato ICSID (International Centre for Settlement of Investment Disputes), sostenendo che la decisione del governo tedesco violasse il Trattato sulla Carta dell’Energia, causando un danno economico ingente all’azienda, quantificato in circa 4,7 miliardi di euro. Nonostante la scarsa trasparenza dell’arbitrato, nel 2021 è emerso che le parti hanno raggiunto un accordo transattivo: la Germania ha accettato di pagare circa 1,4 miliardi di euro alla società svedese e ad altre aziende energetiche coinvolte, come compensazione per la chiusura anticipata delle centrali.

Come visto, all’esito delle procedure di arbitrato si possono determinate condanne di pagamento nei confronti degli Stati. Tale ipotesi sta sollevando preoccupazioni in relazione al fenomeno del “regulatory chill”, ossia il timore dei governi di adottare politiche ambientali per evitare di incorrere in costose dispute arbitrali (come emerge dalla letteratura internzionale, ad esempio, T. Broude, Investment and trade: the “regulatory chill” phenomenon and its implications for international investment law, 2015).

Ma non solo. Tra le conseguenze della frizione tra economia e ambiente si devono aggiungere anche i rilevanti costi per la finanza pubblica degli Stati, dal momento che le controversie arbitrali possono comportare risarcimenti elevati e costi legali ingenti e, da ultimo, anche la difficoltà nell’armonizzazione normativa, che si estrinseca nell’assenza di riferimenti chiari alla tutela ambientale nei trattati sugli investimenti, la quale può essere foriera di interpretazioni contrastanti da parte dei tribunali arbitrali.

Il dispiegarsi di tutti gli effetti appena elencati, congiuntamente o disgiuntamente, comporta difficoltà di non poco conto per il bilancio degli Stati interessati, poiché vi ascrive spese ulteriori che derivano sia dai costi “diretti” (ovvero spese legali e risarcitorie), sia da quelli “indiretti” (intesi, a parere di chi scrive, come derivanti da lacune nella normazione di settore e/o da difficoltà ermeneutiche).

Conclusione

Per evitare che il sistema dell’arbitrato sugli investimenti diventi un ostacolo alla regolamentazione ambientale, è necessario un riequilibrio normativo. Alcune possibili soluzioni includono l’integrazione di clausole ambientali nei trattati di investimento,
i quali potrebbero includere esplicite eccezioni ambientali che escludano le misure legittime dalle richieste di risarcimento; a seguire, la riforma del meccanismo arbitrale, richiedendosi in particolare maggiore trasparenza e possibilità di intervento per le organizzazioni ambientaliste e l’integrazione di clausole che riconoscano il diritto degli Stati di regolamentazione per il bene pubblico. Infine, lo sviluppo di nuovi meccanismi di risoluzione delle controversie:
a tal proposito, l’Unione Europea ha promosso un modello innovativo, l’Investment Court System (ICS), che sostituirebbe il tradizionale arbitrato con un tribunale permanente, riducendo il rischio di conflitti di interesse.

L’evoluzione del diritto degli investimenti dovrà necessariamente considerare le sfide poste dalla crisi climatica e dalla necessità di una transizione ecologica. Un equilibrio più chiaro tra protezione degli investimenti e sostenibilità ambientale è essenziale per garantire sia la sicurezza giuridica degli investitori, sia la capacità degli Stati di adottare politiche ambientali efficaci, nonché per preservare i bilanci degli Stati interessati da aggravi derivanti dagli effetti nefasti della mancata integrazione delle istanze ambientali nel campo degli investimenti.